mercoledì 4 gennaio 2012

STAZIONE DI TERAMO UN PASSATO DI RIFLESSIONI



VI RIPROPONGO UN MIO ARTICOLO PRESO DAL VECCHIO BLOG DEL 23 OTTOBRE 2006:
Vorrei dare un piccolo contributo al dibattito sulla ferrovia, presentando un disegno molto schematico che cerchi di far capire cosa voglia dire arretrare di pochi metri il terminal di arrivo dei treni.

Le problematiche della ferrovia per Teramo e della sua stazione partono da molto lontano. Un dibattito che ha attraversato tre secoli, avendo visto le prime luci nel lontano 1873, grazie alla lungimiranza dell’allora sindaco di Teramo, Settimio Costantini, che per primo propose un’ipotesi di tracciato, talmente attuale, che poi sarebbe diventato quello che a distanza di un secolo avrebbe seguito l’autostrada dei Parchi per collegare le due sponde della Penisola. Oggi come allora si torna a parlare di ferrovia. Affrontammo il discorso nel 1994 in un convegno (21.01.1994, “la ferrovia Teramo Giulianova. Pagine di storia”, a cura dell’associazione culturale il Poliorama) che tra rami secchi da tagliare e ipotesi progettuali futuristiche o fantasiose (anche allora si affacciava l’ipotesi di utilizzare il sistema misto, anfibio, di una locomotiva che da ruote in ferro si trasformava in mezzo con ruote in gomma, sic!) ebbe almeno il merito di porre all’attenzione dei dirigenti delle FFSS l’attualità del servizio Teramo Giulianova e della straordinaria possibilità che si apriva alle principali città d’Abruzzo di progettare una metropolitana che avrebbe potuto collegare le principali città di due regioni, da Sulmona a Teramo passando per Chieti e Pescara con i loro porti, aeroporti e autoporti, per arrivare fino ad Ascoli nel Piceno e collegarsi a S. Benedetto del Tronto e collocare Teramo “al centro” di due regioni. Fu un passaggio importante perché, forse anche se casualmente, le Ferrovie decisero di non tagliare più il ramo secco, ma di potenziarlo arrivando alla elettrificazione della linea e mandando in pensione la locomotiva a vapore e la littorina di lontana memoria Dopo il potenziamento altre problematiche si affacciarono. Nel 98, per dare un contributo all’utilizzo del treno, come amministratore provinciale, si progettò una iniziativa che riscosse, almeno nel dibattito cittadino, una sufficiente curiosità, treno + bici; non fu una iniziativa che ha cambiato il corso della storia, ma permise di iniziare una collaborazione con i dirigenti delle FFSS, con i quali dibattere e progettare il futuro della nostra ferrovia. E così, fra iniziative occasionali, dibattiti e convegni, il numero degli utenti nel corso degli anni è aumentato, tanto da raggiungere le migliaia giornaliere. Ciò ha portato a nuove problematiche. La principale è sicuramente l’integrazione del trasporto su rotaie con quello su gomma. Più volte il problema è stato affrontato e tante sono state le ipotesi proposte, ma nessuna ha però convinto tutti per la soluzione del problema. Secondo qualcuno sarebbe sufficiente prolungare la ferrovia fino a piazzale S. Francesco e da qui al Palazzetto dello Sport, a Scapriano, altri propongono di arrivare fino a piazza Madonna delle Grazie e da qui fino a Montorio. Credo, però, che queste ipotesi incontrino delle difficoltà insormontabili o dei costi di realizzazione, forse, esorbitanti per una città come Teramo, a meno che in attesa di improbabili finanziamenti non si voglia far nulla. Per andare verso piazza S. Francesco si incontra l’estesa urbanizzazione della zona intorno al cinema Smeraldo e il parcheggio multipiano, a meno che non si voglia far passare il treno sotto il Vezzola o non abbattere un congruo numero di abitazioni e lo stesso megaparcheggio. Se si volesse far continuare la ferrovia fin sotto piazza Madonna delle Grazie ci si dovrebbe porre il problema della scuola D’Alessandro, dell’antico mulino cinquecentesco, dell’angusto spazio tra gli edifici e il ponte S. Ferdinando e dei reperti archeologici appena sotto il manto erboso dei giardini dedicati a Ivan Graziani. Inoltre l’ipotesi di proseguire verso Montorio appare irrealizzabile perché nella valle del Tordino si incontra il lotto zero e per bypassare questo bisognerebbe o scavare sotto il greto del fiume o passare sopra, con delle pendenze impensabili per un tracciato ferroviario. Ma il problema resta ed è l’integrazione fra ferro e gomma. I viaggiatori non si lamentano se arrivano a piazzale S. Francesco o a piazza Madonna delle Grazie, si lamentano dei lunghi percorsi a piedi con le valigie, delle estenuanti attese in scaramantica previsione di un autobus. Allora, per cercare di dare un contributo al dibattito, nell’ormai lontano 1998, si propose di utilizzare l’area in completo abbandono, enorme negli spazi, appena prima dell’attuale stazione, utilizzata per tanto tempo come scalo merci e qui costruire il nuovo terminal del treno e degli autobus, (un po’ come è stato fatto a Pescara). Questa ipotesi permetterebbe con una spesa relativamente piccola di risolvere una serie di problemi. Avere un nuovo terminal, opera architettonica moderna, simbolo della città del futuro, capace di risolvere finalmente l’integrazione fra trasporto su rotaie e su gomma; il treno, gli autobus e le auto accolte in un unico grande spazio, un grande parcheggio, una grande piazza, che avrebbe anche la funzione di ridare la continuità fra viale Crispi e via Gammarana, togliendo la barriera, la recinzione, che divide i due quartieri, le auto, ad es., da viale Crispi  potrebbero attraversare il piazzale e trovarsi nel quartiere Gammarana o viceversa. Un viaggiatore arriva con il treno, scende e trova o l’autobus, o la propria auto, lì, a un passo, senza doversi sobbarcare percorsi lunghi e faticosi. Recuperare la vecchia stazione che potrebbe ottenere una destinazione culturale sociale o ricreativa. Recuperare lo spazio posteriore alla vecchia stazione, dove poter creare una area verde, un giardino, un piccolo parco, in continuità le piccole aree verdi già esistenti. Ottenere a ovest, verso la città, una nuova piazza, pedonale, che potrebbe essere la nuova piazza del quartiere, dove far vivere la comunità con le proprie iniziative sociali e culturali in contiguità con l’edificio della vecchia stazione che potrebbe essere la sede, ad esempio del comitato di quartiere, il punto di riferimento di tutta l’attività ricreativa e sociale della zona. Riuscire a collegare l’area del terminal direttamente con il lotto zero, con una bretella stradale, già progettata e quindi già realizzabile, che permetterebbe un rapido fluire del traffico sulla grande viabilità, riducendo i problemi del traffico e dello smog cittadino. Avere la possibilità di far arrivare su questa area gli autobus direttamente dal lotto zero, e non farli entrare in città, decongestionando il centro storico e le aree circostanti. Il nuovo terminal sarebbe a due passi dagli enormi spazi dell’ex Villeroy & Boch, dove è prevista la costruzione di centri residenziali e commerciali che avranno la necessità di avere a due passi il punto di convergenza dei trasporti e della viabilità, per non fare l’errore di costruire nuovi insediamenti lontano dalle vie di comunicazione, come purtroppo è stato fatto per l’Università, e solo successivamente porsi il problema della viabilità e dei trasporti. Il nuovo terminal potrebbe quindi rimediare all’errore fatto nell’ottocento quando, per difficoltà economiche, la ferrovia fu interrotta e la stazione costruita lontana dal centro storico. Il nuovo terminal potrebbe essere il centro della nuova città, punto di convergenza del treno, degli autobus, delle auto: “al centro della nuova città”, equidistante da la Cona e da Villa Pavone. Forse il tutto è troppo semplice; forse è troppo semplice perché non ci sarebbero troppi soldi da manovrare.
Siriano Cordoni

Nessun commento:

Posta un commento