A proposito di sala ipogea. Intanto vorrei fare una precisazione, quando presentammo il progetto in Regione Abruzzo definimmo la struttura “sala ipogea” e non ipogeo, semplicemente perché con ipogeo si indica un'antica costruzione sotterranea per lo più adibita a sepolcro, e quindi la sala ipogea tutto può essere fuorché un ipogeo e cioè un sepolcro, ma se piace continuiamo a chiamarlo luogo “ipogeo”
Il progetto nacque dalla constatazione che a Teramo mancava, e tuttora manca finchè la sala non verrà terminata, uno spazio dove poter svolgere delle grandi mostre degne del ruolo di città capoluogo della Provincia. La sala di via Nicola Palma, non poteva e non può assolvere a questo compito sia per la esiguità degli spazi sia perché oramai era ed è diventata il punto di riferimento per la cultura locale, destinata alla promozione delle giovani energie e di quelle iniziative quotidiane di cui la cultura e la società locale ha bisogno.
Di fronte a questa constatazione ci trovammo di fronte la necessità della soluzione del problema. Diversi fattori entrarono in gioco nell'aiutarci a trovare la soluzione. Il primo era dover reperire uno spazio che fosse sufficientemente ampio, che non fosse particolarmente impattante e che non richiedesse l'abbattimento di nessuna emergenza architettonica. Si aveva a quel tempo un problema particolarmente sentito dalla stampa locale, il restyling del sottopassaggio di piazza Garibaldi. La mostra su Gennaro della Monica, svolta tra Pinacoteca e palazzo Cerulli, aveva dimostrato che si poteva avvicinare la Pinacoteca al centro cittadino. E inoltre proprio in quei giorni si aveva avuta l'acquisizione al patrimonio comunale, dalla Provincia, degli spazi dell'ex Provveditorato, a fronte della cessione alla stessa Provincia degli spazi posteriori alla scuola Comi. In questi ampi locali, tutto il primo piano del palazzo lungo c.so San Giorgio si era progettato di far nascere il museo della scultura. Allora venne quasi spontaneo un progetto che potesse collegare la Pinacoteca, il luogo dei quadri, al nascente museo della scultura. Mancava solo uno spazio importante che fungesse da collegamento tra le due strutture, dove svolgere importanti mostre temporanee. E venne l'idea di utilizzare l'area sottostante l'aiuola con la fontana, sfruttando il sottopassaggio che sarebbe diventato anche la via di accesso alla sala ipogea. Uno grande spazio espositivo tra la Pinacoteca e la scultura, con accesso principale dalla villa comunale che sarebbe diventata l'accesso a un percorso capace di lasciarsi dietro il caos del traffico ed entrare in un'altra dimensione, dove il tempo rallenta, permettendo di apprezzare al meglio la bellezza dell'arte. Una grande chiocciola in cristallo avrebbe dovuto e forse dovrà avvolgere la parte posteriore della Pinacoteca e condurre ai luoghi dell'arte. Uno spazio espositivo diviso dal sottopassaggio da una barriera di cristallo scorrevole, chiuso ma nello stesso momento aperto, che avrebbe permesso e forse permetterà di godere delle mostre anche ai soli passanti. Una sorta di scuola dell'arte all'aperto. Ci ponemmo il problema della visuale da viale Bovio verso c.so San Giorgio e della palla di Mastrodascio e con queste idee incaricammo il progettista e voler stilare un progetto di massima con il quale chiedere i fondi necessari per la realizzazione. Trovammo la piena e totale disponibilità dell'allora assessore regionale Sabatini che entusiasta del progetto promise di attingere a fondi europei e ancora una volta la disponibilità della Fondazione Tercas sempre pronta a finanziare progetti importanti per la città di Teramo. Poi le elezioni e il passaggio di consegne all'amministrazione di centro destra, che nei primi consigli comunali tuonò violentemente contro il progetto. Poi l'oblio del tempo e la chiusura alla vista dei cittadini teramani del cantiere. Poi più nessun dibattito fatta eccezione per un grande cartellone a bella mostra dell' “ipogeo” e qualche forte polemica sui reperti architettonici ritrovati durante gli scavi. Sette anni di lavori, durante i quali il cantiere è stato ermeticamente celato alla vista e dopo i quali tolte le barriere si è potuto apprezzare il tetto della sala accorgendosi che forse è un po' impattante. Non ne faccio un dramma. So che la Teramo moderna ha bisogno di segni contemporanei, peccato però che non si sia discusso prima, che non si sia coinvolta la cittadinanza nelle scelte. Forse si sarebbero potute apportare modifiche che non avrebbero alterato definitivamente le vecchie prospettive. Ma ancora una volta con la propria spasmodica voglia del decisionismo, il centro destra ha espropriato i cittadini della possibilità delle scelte e dei giudizi. Ma come dicono i sindaci che si sono succeduti, loro hanno vinto e hanno la responsabilità del governo, saranno i cittadini a giudicare con le elezioni. Solo che si scordano di un elemento e che se si fanno errori architettonici e ambientali, poi questi restano sulle spalle di chi verrà e sulle coscienze di chi le ha fatte. Speriamo solo che l'attuale amministrazione riesca a trovare i pochi fondi che ancora mancano per il completamento dei lavori. Che si restauri degnamente il sottopassaggio. Che la sala delle conferenze venga degnamente arredata e resa funzionale. Che non si decida di farci improbabili musei stabili che rendano immobile uno spazio nato per essere dinamico, al servizio della grande cultura. Che si trovi il modo per gestire il tutto senza far ricorso ai soliti progetti privati che espropriano il pubblico del ruolo per il quale è nato. Speriamo.
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