venerdì 2 dicembre 2011

SANITA: DALLA PERCEZIONE DELLA QUALITA' ALLA PERCEZIONE DEI COSTI


La sanità non è più la stessa! La richiesta, la necessità, di sanità si è moltiplicata. Le innumerevoli trasmissioni televisive di educazione sanitaria hanno fatto crescere la consapevolezza dell'importanza della prevenzione o meglio della diagnostica precoce e dell'utilizzo
di farmaci di ultima generazione, che a fronte di, almeno, una pari efficacia hanno sicuramente una migliore tollerabilità, ma un costo sicuramente maggiore. Quando si parla di prevenzione si confonde questa con la diagnostica precoce. La prevenzione è legata ai comportamenti umani, che poco hanno a che fare con la sanità. Un buon ambiente, una buona alimentazione, un po' di attività motoria hanno una interferenza straordinaramente positiva sulla salute umana, ma hanno poco a che fare con la sanità, a meno di che non si parla di educazione sanitaria. Quando si parla di diagnostica precoce ci si riferisce a un a buona sanità. Si ha una buona sanità, quando le campagne di screening per la diagnostica precoce delle malattie o di lesioni potenzialmente pericolose sono applicate sulla popolazione nei tempi e nei modi giusti. Si ha una buona sanità quando un ricovero è fatto al momento giusto per la diagnosi e la terapia. Si ha una buona sanità quando si hanno dei buoni servizi di riabilitazione. Ma a fronte di questa maggior bisogno di sanità, i servizi, gli strumenti diagnostici, il personale, sono rimasti gli stessi, se non diminuiti, a causa della contrazione dei fondi a disposizione. Tutto ciò si traduce nelle indecenti liste di attesa, nella ricerca affannosa in giro per l'Italia della clinica pubblica o convenzionata capace di dare una risposta sanitaria nel più breve tempo possibile, dando origine ai tristemente famosi viaggi della speranza. Quindi ci si trova di fronte una equazione irrisolvibile, dare più servizi con gli stessi soldi, con lo stesso personale, con le stesse strutture. Anzi qualcuno azzarda dire che nella logica del risparmio, vadano tagliati gli ospedali. Posizione poco riguardosa delle necessità dei pazienti. Al massimo si dovrebbe parlare di “razionalizzazione” dei servizi, per garantire una maggiore qualità, ma che comunque non porterebbe a una riduzione delle liste di attesa. Perchè ad es. se i cittadini che richiedono una visita urologica (per la prevenzione dei tumori della prostata) sono mille e prima si distribuivano su quattro ospedali, poi, nel caso della razionalizzazione dei servizi di urologia, si riverserebbero su un solo reparto e se qui non si aumentano il numero dei medici dei paramedici, delle apparecchiature, ecc, le liste di attesa sarebbero sempre le stesse. Allora in questa fase di difficoltà economica è necessario ridurre la richiesta di sanità da parte dei cittadini, facendo leva su coloro che pensano di essere malati, ma che malati non sono, che cercano nella sanità una rassicurazione di fronte alle angosce delle malattie. Non sono tanti, ma sicuramente contribuiscono ad intasare le strutture sanitarie, togliendo spazio e tempo a coloro che malati veramente sono. Di solito (occasionalmente) si lamentano di quella che considerano una cattiva sanità coloro che pensano di essere malati e che malati non sono. Se al pronto soccorso arriva un infortunato grave da incidente stradale, è ovvio che debba avere una priorità rispetto a colui che ha una patereccio ungueale, che sicuramente fa male, ma certamente non mette in pericolo l'integrità fisica dello stesso, ma è certo che sarà colui che si lamenterà fortemente per la lunga attesa. Altra riflessione: è passata nella mentalità generale che la sanità pubblica debba essere completamente gratuita, mentre la sanità privata può essere pagata. Dico “può” essere pagata perchè dobbiamo distinguere la sanità privata pura (pagata dalle tasche dei cittadini) dalla sanità privata convenzionata, che di privato ha solo il nome, visto che viene rimborsata a notula dal SSN. Cioè più prestazioni effettua, più rimborsi percepisce.
Allora in una parola, per concludere, per cercare di far quadrare i conti in sanità è importante cercare di ridurre gli accessi inutili, superflui, presso lo strutture sanitarie, dettate più dal timore di essere malati che dalla reale presenza della malattia, quasi una difesa catartica dalle angosce per brutte malattie. E per raggiungere questo scopo, non è possibile pensare di educare il paziente. Troppo tempo! Non è pensabile demandare ai medici, che dovrebbero fungere da filtro. I medici curano i veri malati, non coloro che temono di essere malati e che quasi come in un gioco dell'oca vanno avanti e indietro, fra radiografie, specialisti, farmaci e farmacie, moltiplicando logaritmicamente la spesa sanitaria. Per risolvere il problema è necessario passare, in uno slogan, dalla percezione della qualità alla percezione dei costi. Bisogna far prendere coscienza ai cittadini, specie gli anziani, che la sanità ha un costo, che i farmaci hanno un costo, che il semplice accesso dallo specialista ha un costo, che una Tac ha un costo, e così via. E non possono essere i ticket attuali che risolvono il problema. Ticket iniqui, esagerati. 35 euro a ricetta, comunque sia. Sia se la prescrizione prevede una spesa di molti euro che di pochi euro. Credo che una ipotesi su cui lavorare possa essere far pagare una piccola percentuale sul reale costo della prestazione, ad es il 10% per le classi sociali più elevate e il 5% per le meno abbienti. In questa maniera lo Stato pagherebbe la quota preponderante, il 90% e il 95%, ai cittadini una piccola quota, ma in questo modo si percepirebbe che la sanità ha un costo. Che quel farmaco ha un costo. Che quella prestazione ha un costo e così via. Facciamo delle ipotesi: ora per fare degli esami che costano 35 euro il cittadino paga 35 euro, nella ipotesi proposta pagherebbe 3,5 euro. Se un paziente deve effettuare un esame dal costo di 100 euro, ora paga sempre 35 euro, nella ipotesi proposta pagherebbe 10 euro. E così via. Ma questo metodo avrebbe il vantaggio di far prendere coscienza del costo della prestazione al cittadino che avrebbe la percezione oltre che la qualità anche della spesa per il farmaco, per l'esame strumentale e così via. Dalla percezione della sola qualità, alla percezione anche dei costi della sanità. E questo porterebbe sicuramente a una riduzione del ricorso agli esami strumentali più costosi, ritenuti superflui dai medici, ma richiesti insistentemente dai pazienti. Con una riduzione, pur piccolo, del numero degli accessi ai servizi sanitari, ai farmaci più costosi e così via, ma che servirebbe a dare una qualità migliore al vero malato. Proposta irrealizzabile? No, concreta fatta da chi, come me, conosce bene la sanità, visto che la vive quotidianamente sulle proprie spalle da più di trent'anni.

1 commento:

  1. Non bisogna tagliare gli ospedali ma renderli più funzionali.

    Giancarlo

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