Si è diffusa la notizia che gli acidi grassi omega 3 possano essere in correlazione con il tumore alla prostata. Tutto nasce da un articolo del Journal of the National Cancer Institute, come affermato da un articolo sul Corriere del 12.08.2013 che riporto sotto. Ma ad una attenta riflessione si capisce che le notizie fanno più rumore della verità
(immagine da wikipedia: Tempo salva Verità da Invidia e Falsità, di Francois Lemoyne 1737):
(http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/13_agosto_12/omega-3-cancro-prostata)
MILANO - Gli acidi grassi Omega 3, considerati un toccasana per tenere a
bada i trigliceridi e aiutare il cuore, sarebbero però responsabili di
un consistente aumento del rischio di sviluppare un tumore alla
prostata. Lo sostiene una ricerca pubblicata sul Journal of the National Cancer Institute
da un team di ricercatori americani del Fred Hutchinson Cancer
Research Center di Seattle, guidati da Alan R. Kristal e Eric A. Klein, i
cui esiti indicherebbero una crescita di ben il 71 per cento delle
probabilità di ammalarsi di cancro alla prostata per gli uomini che hanno elevate concentrazioni di acidi grassi nel sangue. I primi indizi sulla «pericolosità» degli Omega 3 erano emersi in uno studio del 2011 e oggi arrivano nuove conferme dall’analisi dei dati relativi a oltre 800 uomini con un carcinoma prostatico, facendo sospettare sempre più un loro ruolo nella formazione del tumore. CONFERME SUI RISCHI - «È noto che l’infiammazione possa avere un ruolo nello sviluppo dei tumori – commenta Bernardo Rocco, specialista in Urologia alla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinicodi Milano e direttore scientifico Fondazione per la Ricerca e la Terapia in Urologia – e per questo è stato suggerito il possibile effetto protettivo di sostanze con un qualche ruolo anti infiammatorio. Non senza sorpresa per gli autori di questo studio, gli Omega 3 farebbero invece crescere il rischio di carcinoma prostatico. La mancanza di una chiara spiegazione del perché sostanze con un possibile ruolo protettivo si siano rivelate potenzialmente pericolose ha spinto i diversi autori a rivelare con cautela i propri risultati negli studi precedenti, ma quest'ultimo lavoro sembra proprio confermare i sospetti». Purtroppo ancora non è chiaro per quale motivo queste sostanze non abbiano un effetto benefico e anzi appaiano favorire la cancerogenesi. «Inoltre, dobbiamo aggiungere anche le conclusioni di un altro studio recente che indicano che l'utilizzo di Omega 3 non ridurrebbe il rischio di morte legato a patologie cardiovascolari. Quindi, a fronte di una mancanza di beneficio sul fronte cardiovascolare e una sempre più evidente correlazione con lo sviluppo di tumore prostatico, dobbiamo seriamente riconsiderare con molta cautela l'utilizzo di queste sostanze».
probabilità di ammalarsi di cancro alla prostata per gli uomini che hanno elevate concentrazioni di acidi grassi nel sangue. I primi indizi sulla «pericolosità» degli Omega 3 erano emersi in uno studio del 2011 e oggi arrivano nuove conferme dall’analisi dei dati relativi a oltre 800 uomini con un carcinoma prostatico, facendo sospettare sempre più un loro ruolo nella formazione del tumore. CONFERME SUI RISCHI - «È noto che l’infiammazione possa avere un ruolo nello sviluppo dei tumori – commenta Bernardo Rocco, specialista in Urologia alla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinicodi Milano e direttore scientifico Fondazione per la Ricerca e la Terapia in Urologia – e per questo è stato suggerito il possibile effetto protettivo di sostanze con un qualche ruolo anti infiammatorio. Non senza sorpresa per gli autori di questo studio, gli Omega 3 farebbero invece crescere il rischio di carcinoma prostatico. La mancanza di una chiara spiegazione del perché sostanze con un possibile ruolo protettivo si siano rivelate potenzialmente pericolose ha spinto i diversi autori a rivelare con cautela i propri risultati negli studi precedenti, ma quest'ultimo lavoro sembra proprio confermare i sospetti». Purtroppo ancora non è chiaro per quale motivo queste sostanze non abbiano un effetto benefico e anzi appaiano favorire la cancerogenesi. «Inoltre, dobbiamo aggiungere anche le conclusioni di un altro studio recente che indicano che l'utilizzo di Omega 3 non ridurrebbe il rischio di morte legato a patologie cardiovascolari. Quindi, a fronte di una mancanza di beneficio sul fronte cardiovascolare e una sempre più evidente correlazione con lo sviluppo di tumore prostatico, dobbiamo seriamente riconsiderare con molta cautela l'utilizzo di queste sostanze».
MA ATTENZIONE andando a spulciare su internet per una verifica si incontra quest'altro articolo molto interessante tradotto e ripreso dal blog di: http://www.leonardorubini.org/2013/07/omega-3-e-cancro-alla-prostata.html
Non ci
credo, non ci credo, non ci credo!
Questo ho
pensato quando ho letto questa notizia sulle maggiori testate
giornalistiche, nonché su numerosi post su Facebook. Non ero affatto
preoccupato della presunta veridicità della notizia, ma ero
piuttosto sconvolto del livello di disinformazione medico-scientifica
che regna in Italia. In Italia? Aspettate un attimo. Vista la
ridondanza della "notizia", ho deciso di farmi un giro
anche sui media americani e ho tristemente constatato che la pazzia
era comune. Loro hanno prodotto l'obbrobrio mediatico e noi, come al
solito, abbiamo fatto i pappagalli.
Così, tanto
per fare chiarezza, ho deciso di tradurvi un articolo più che
esplicito del Dr. Jonny
Bowden.
"[omissis]
Non c'è niente di divertente in questo studio e ciò che i media
hanno fatto è [omissis] vergognoso, incompetente e da analfabetismo
scientifico.
Prima di
arrivare allo studio vero e proprio, e lo faremo, parliamo dei mezzi
di comunicazione, la cui segnalazione qui è vergognosa, incompetente
e da analfabetismo scientifico Ecco un esempio di alcuni dei titoli,
l'idiozia dei quali sarà chiara in un attimo:
• "Gli
integratori di omega-3 legati al cancro alla prostata" (Fox
News)
• "Gli
integratori di Omega-3 potrebbero aumentare il rischio alla prostata"
(Telegraph)
• "Gli
integratori di olio di pesce collegati al cancro alla prostata"
(Health News)
• "Gli
uomini che prendono integratori di Omega-3 hanno il 71% in più di
rischio di cancro alla prostata" (NY Daily News)
• "Gli
integratori di Omega-3 possono scatenare il cancro alla prostata"
(Nursing Times)
• "Occhio
al salmone: gli acidi grassi omega-3 sono legati a un più alto
rischio di cancro" (CNN)
Quindi,
leggendo questo, si potrebbe anche pensare che i ricercatori hanno
diviso una popolazione di uomini in due gruppi, hanno dato a un
gruppo gli integratori di olio di pesce e all'altro un placebo, e
hanno scoperto che quelli che hanno preso i supplementi di olio di
pesce sono risultati più esposti al rischio di cancro alla prostata
rispetto a quelli che non l'hanno preso. Giusto?
Sbagliato.
La
verità sullo studio "olio di pesce"
La prima
cosa che dovete sapere è che nessun tipo di integratori di olio di
pesce o qualsiasi altro tipo di integratori, se è per questo, sono
stati dati in questo studio. Nessuno. Questo studio si è limitato
solo a esaminare i livelli ematici di acidi grassi a catena lunga,
come quelli che si trovano nel pesce (EPA e DHA). E anche lì,
l'associazione tra elevati livelli nel sangue e il cancro alla
prostata, cosa alla quale arriveremo tra un minuto, è stata trovata
solo per il DHA. Nessuna associazione è stata trovata tra EPA e il
cancro alla prostata, né tra il cancro alla prostata e l'ALA
(omega-3 che si trovano nel lino e nella chia).
E allora
come si spiega il fatto che giornalista dopo giornalista e notizia
dopo notizia hanno equiparato elevati livelli ematici di DHA con il
"fatto di prendere integratori di olio di pesce"? Non c'è
praticamente nessun altra spiegazione che non sia un forte
pregiudizio anti-integratori e un desiderio di produrre titoli
scioccanti. E qualsiasi dubbio circa l'oggettività dei ricercatori
sarebbe dovuta essere abbandonata dopo che uno di loro, il Dr. Alan
Kristy, ha detto ai giornalisti...
"Abbiamo
dimostrato ancora una volta che l'uso di integratori alimentari può
essere dannoso".
Per cui,
cerchiamo di essere chiari. Gli integratori non erano parte dello
studio e non sono neanche stati dati ai partecipanti. Punto.
[omissis]
questo era uno studio osservazionale (basato sui dati provenienti dai
partecipanti al Prostate Cancer Prevention Trial (1994-2003). Non
c'era nessun esperimento, solo un'osservazione su ciò che era stato
messo insieme in questo particolare campione di popolazione.
Vero
come la finzione: grassi trans protettivi!
Volete
sapere che cos'altro hanno trovato i ricercatori? I
partecipanti che avevano i più alti livelli di grassi trans nel loro
sangue hanno avuto anche il minimo rischio per il cancro alla
prostata.
Quindi,
se si vuole saltare alle conclusioni e agire immediatamente, qui ci
sono due cose che si dovrebbero fare ora per proteggere la propria
salute:
1.
Smettere di mangiare pesce.
2.
Iniziare a mangiare grassi trans.
Nessuno
dei media è così stupido da dirci di farlo. Queste stesse persone,
tuttavia, sono in dubbio circa la sicurezza degli omega-3, che, nel
caso in cui ti fosse sfuggito le prime due o tre volte che l'ho
detto, non sono stati utilizzati nello studio.
Se i
livelli ematici di omega-3 sono il problema, il pesce dovrebbe essere
altrettanto "pericoloso" come gli integratori di olio di
pesce. E finora, almeno, non ho sentito alcun esperto dei media che
ci consiglia di smettere di mangiare salmone e di iniziare a
ingurgitare ciambelle e margarina, perché sono così ricchi di
grassi trans "protettivi".
Sfatiamo
lo studio: Perché i livelli di DHA erano alti?
Il più
bravo in circolazione a sfatare i miti di certi studi, Denise Minger,
fa notare che non si tiene traccia dei livelli di DHA nel sangue
necessariamente con l'alimentazione. Gli uomini con i più elevati
livelli di DHA non hanno necessariamente mangiato più pesce e siamo
abbastanza certi che la maggioranza non stava assumendo integratori
(perché i ricercatori hanno descritto tutto dettagliatamente). Anche
se i livelli di DHA nel sangue salgono quando si consumano un sacco
di omega-3, possono anche salire per altri motivi, uno dei quali è
una dieta a basso contenuto di grassi.
Pensateci
per un minuto.
Minger
sottolinea anche che i "più alti livelli di siero di DHA"
erano basati su valori percentuali, non sui valori assoluti. Diciamo
solo che le misurazioni su base percentuale possono essere....
fuorvianti?! Una percentuale più alta di DHA può significare una
minore percentuale di qualcosa che i ricercatori non hanno indagato.
(Hanno considerato solo 8 acidi grassi.) "Esprimere la
composizione fosfolipidica degli acidi grassi nel plasma in
percentuale sul totale è significativo solo quando la presenza
totale degli acidi grassi è identica per tutti i soggetti",
scrive il Dr. Ching Kuang Chow sull'American Journal of Nutrition.
Scrivere
cento volte sulla lavagna: la correlazione non è causalità
Vale la
pena di ripetere e ripetere e ripetere, che la correlazione non è
causalità. Studi osservazionali come questo non sono studi
randomizzati e controllati. Essi indicano semplicemente associazioni,
come il fatto che le persone che hanno le "dita gialle"
tendono ad avere più alti tassi di cancro al polmone. Per cui non ci
spiegano perché esistono tali associazioni.
(La
sindrome delle dita gialle è data da l'"effetto collaterale"
di tenere le sigarette in mano tutto il giorno. Chiaramente, le dita
gialle non "causano" il cancro al polmone, anche se c'è
una forte associazione positiva tra i due.)
In questo
studio, non abbiamo idea del perché siano stati trovati elevati
livelli ematici di DHA per poterli così associare a un alto rischio
per l'aggressivo cancro alla prostata. Il DHA potrebbe essere un
marker per qualcos'altro, come le "dita gialle" sono un
"marcatore" per il fumo. I ricercatori dicono che a loro
piace "controllare" le variabili esterne, ma per ragioni
sconosciute, questi ricercatori non hanno "controllato"
variabili come l'età, la razza e... oh sì, la dieta. Dio solo sa
che cos'altro non hanno "controllato".
Come
afferma Minger:
"Questo
è un classico caso di correlazione che si scontra con una
plausibilità biologica e mette in evidenza perché gli studi
osservazionali, con la loro grande quantità di variabili privi di
documentazioni e con risultati contraddittori, non possono dirci
nulla di definitivo su cibo e malattia."
E già
che siamo in tema di variabili che confondono, considerate queste
statistiche inerenti lo studio, per gentile concessione del mio amico
Bob Roundtree, MD, Direttore Medico di Thorne Research:
1. il 53%
dei soggetti con carcinoma prostatico erano fumatori.
2. Il 64%
dei malati di cancro consumavano regolarmente alcol.
3. Il 30%
dei soggetti con cancro ha avuto almeno un parente di primo grado con
cancro alla prostata.
4. L'80%
dei soggetti con tumore erano in sovrappeso od obesi.
Il
contesto è tutto
Infine,
contestualizziamo questo studio. Ci sono stati letteralmente migliaia
di studi pubblicati sui grassi omega-3, che attraverso il corso di
oltre tre decenni hanno incluso non solo studi osservazionali, ma
anche studi randomizzati controllati.
La
stragrande maggioranza di essi sono stati positivi, tanto che quando
si parla di olio di pesce, anche la medicina tradizionale ha superato
il suo pregiudizio contro gli integratori vitaminici. La maggioranza
dell'establishment delle principali organizzazioni sanitarie ormai
consiglia di mangiare pesce e, spesso, pure la supplementazione di
olio di pesce. Anche Big Pharma ci sta entrando dentro con le aziende
farmaceutiche (GlaxoSmithKline) commercializzando prodotti di olio di
pesce prescrivibili (Lovaza).
Saltare
alla conclusione opposta con uno o due studi osservazionali, in
particolare quelli che contraddicono la maggior parte della ricerca,
lasciare fuori un certo numero di variabili fondamentali come la
dieta e fare supposizioni senza aver chiarito nessun meccanismo
biologico che potrebbe spiegare lo strano risultato ottenuto, è
certamente un bene per dei buoni titoli sui giornali.
Non si
può dire la stessa cosa, però, per il buon senso."
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